La coperta di Linus

Pubblicato da Redazione il
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ragazza con mascherina

di Roberto Pecchioli — Siamo sul treno. Il tragitto è lungo e noioso; chi scrive detesta gli spostamenti con i mezzi pubblici. Non resta che abbozzare e osservare i casuali compagni di viaggio. Arriva una giovane donna con una bambina di pochi anni. Ha una vistosa mascherina fin sotto gli occhi, intonata con l’abbigliamento. La piccola è di malumore: il viaggio, l’impossibilità di muoversi, l’ambiente estraneo. Inquieta sinché la mamma le dà una bambola di pezza, una “pigotta” all’antica. La piccola si illumina e comincia ad accudire quel giocattolo così simbolico. Non ha l’età per apprendere che il suo sesso femminile è fluido e lo potrà cambiare, né sa che la maternità cui aspira per istinto è un costrutto culturale del bieco patriarcato. La pigotta, secondo lo psicanalista Donald Winnicott, è l’«oggetto transizionale», di cui la bimba ha bisogno affinché la rassicuri accompagnandola nel transito tra le fasi dell’età.

Un signore chiede alla mamma perché porti la mascherina. Gentile, la giovane risponde che non crede granché alle sue proprietà salvifiche, ma “l’ha detto il telegiornale” e poi chissà che non protegga almeno dall’influenza stagionale. Madre e figlia hanno entrambe il loro oggetto transizionale, solo che una è adulta. La mascherina è la coperta di Linus della signora; la motivazione addotta mostra invece un’allarmante regressione mentale. Linus, protagonista dei Peanuts, celeberrime strisce a fumetti, è un bambino timido e sveglio in grado di intrattenere l’amico Charlie Brown con disquisizioni filosofiche e teologiche. Nonostante tutta quella saggezza, non riesce a separarsi dalla sua copertina. Nella descrizione di Charles M. Schulz, autore delle strisce, c’è il terrore di Linus di affrontare il mondo senza quel rassicurante pezzettino di stoffa e il disorientamento di fronte alla sua sparizione, il furto beffardo della dispettosa Lucy.

Il viaggiatore suo malgrado non può fare a meno di pensare che sono innumerevoli le coperte di Linus, che ciascuno di noi ne ha almeno una e soprattutto che l’oggetto transizionale agisce anche al contrario. Il potere è maestro nel confezionare coperte sempre nuove capaci di farci regredire all’infanzia. Un’infanzia della ragione nella quale sono gli altri a fornirci le chiavi di interpretazione della realtà. Viene in mente il termine bresciano per definire i bambini: “gnari”, nel senso letterale di ignari, inconsapevoli. La signora crede al telegiornale e certamente ha fede negli “esperti”. È ignara – nessuno glielo ha spiegato e lei stessa mai ci ha riflettuto – che il telegiornale e i paludati specialisti di questa o quella materia sono altoparlanti del potere. Servono interessi, dunque non vanno creduti sulla parola.

La magica mascherina diventa di volta in volta un amuleto, una rassicurazione non dissimile da certi farmaci dall’effetto placebo, utili solo a darci tranquillità; è una coperta di Linus di massa, l’oggetto transizionale di adulti-bambini che hanno bisogno di essere tenuti per mano nel labirinto della vita. Ma i fornitori di coperte non sono genitori che agiscono per il nostro bene, bensì agenti di chi ha interesse a manipolarci, controllarci.

Le coperte di Linus sono infinite: una delle più diffuse è l’antifascismo, che ha il vantaggio di significare qualsiasi cosa. Ciò che non piace o che deve essere contrastato senza diritto di replica diventa – ipso facto – fascismo, male assoluto. Leo Strauss parlò del meccanismo di espulsione, divieto e chiusura preconcetta di persone, argomenti e idee sgradite, definendolo reductio ad Hitlerum – riduzione a Hitler. La coperta antifascista funziona assai bene proprio in assenza di fascismo, diventando auto rassicurazione, dimostrazione di essere nel giusto senza l’onere della prova e il fastidio del confronto.  Non manca la coperta di Linus uguale e contraria di chi taccia di comunismo tutto ciò che non gradisce o non capisce. Vittoria dialettica per assenza del nemico. Negli anni Cinquanta una popolare canzone diceva “la colpa è del Bajon”, un ballo dell’epoca. L’espressione divenne un tormentone: “la colpa non è mia, è colpa del Bajon. Se faccio una pazzia è senza l’intenzion, in fondo è tutta colpa del Bajon”.

Opposte coperte di Linus confortano esonerando dal giudizio critico. Un’altra è il progresso, il mito indimostrato per cui oggi è sempre meglio di ieri, cui si oppone il sospettoso misoneismo di chi vede attorno a sé solo negatività. Ai miei tempi… Una coperta perfetta, assai gradita al potere, è il “soluzionismo”, la certezza che per ogni problema vi sia una soluzione “tecnica”. Il suo corollario è la fede cieca – o assai miope – nella scienza e, in generale, nelle parole degli “esperti” (tecnici, scienziati e non solo) circonfusi di un’aura di infallibilità sacrale, latori di una sapienza quasi esoterica, utile a placare la paura o suscitarla, secondo l’interesse del potere.

L’epidemia ci ha consegnato una quantità di oggetti transizionali al contrario: la mascherina innanzitutto, esile protezione di stoffa dal contagio. Un paio di modelli erano autentici trattati di sociologia spicciola. Amo la libertà, proclamava uno di questi, e non si capiva se fosse un grido di disperata opposizione al DPI (dispositivo di protezione individuale) o un’inconsapevole esercizio di neolingua alla Orwell: la guerra è pace, l’ignoranza è forza, la libertà è schiavitù. L’altro era una minaccia: stammi lontano! La volgarizzazione del distanziamento sociale, un’ingiunzione a cui, dato l’aspetto della persona mascherata, ci si assoggettava volentieri.

Una coperta di Linus di alta scuola è il green pass. Green, verde come il semaforo che dà via libera e come il colore dell’ecologia. Pass, passa, sei libero. Peccato che liberi lo fossimo prima, quando ci muovevamo senza limitazioni e senza mostrare il cartiglio a una miriade di soggetti investiti di autorità. Il greenpass, tuttavia, era una coperta di Linus secondaria, rispetto al vero oggetto transizionale di massa, il siero genico. Ho fatto tre dosi, signora mia. E lei? Siamo immuni. Forse, non del tutto, però siamo al riparo dalla morte o da forme gravi. Qualunque sia la verità scientifica sulla pandemia – lo scopriremo vivendo e non ci piacerà – l’esperimento è riuscito.

Resta insuperata la verità delle dieci regole per il controllo sociale – il dominio su di me e su di te – elaborate da Noam Chomsky. Altrettante soffocanti coperte di Linus il cui scopo è non farci mai diventare consapevoli. Gnari per sempre, eterni bambini come i protagonisti di Peanuts, Linus, Charlie Brown, Lucy, il bracchetto Snoopy. La prima regola – o coperta – consiste nella distrazione. L’attenzione è deviata dalle cose gravi, dalle decisioni sulla nostra testa, attraverso il sovraccarico di informazioni futili, senza importanza. Non dobbiamo pensare, devono scorrere nella mente infiniti frammenti. La coperta ci deve avvolgere completamente. Deviare l’attenzione significa anche attivare il meccanismo problema – reazione – soluzione.

Si crea un problema per determinare una reazione allo scopo di ribaltare la responsabilità per la soluzione offerta. Un esempio sono le cosiddette false flag, eventi “sotto falsa bandiera”, organizzati per provocare una richiesta, ad esempio un’invocazione di maggiore sicurezza che comprime la libertà. Non si può ottenere tutto e subito: la strategia della gradualità permette di imporre ciò che si desidera senza che il pubblico si avveda dell’imbroglio. La libertà non si perde tutta insieme. Differire le soluzioni permette di rassicurare, posporre i problemi in un futuro indefinito. All’inizio siamo tranquillizzati, infine rassegnati: è inevitabile, diranno i rappresentanti del potere con volto contrito e voce impostata al momento di toglierci qualcosa.

Hanno ragione: per farcela ci hanno trattato come imbecilli. Hanno parlato con toni melliflui simili a quelli della pubblicità, il cui obiettivo è allentare e sconfiggere le nostre difese per imporci un desiderio. L’intonazione è quella con cui ci si rivolge ai bambini: strano che non scatti la messa in guardia , segno che hanno lavorato benissimo su di noi. Hanno usato il registro emotivo, allontanando la riflessione, una tecnica che provoca il corto circuito anziché un’analisi razionale. Sollecitare l’emotività apre la porta dell’inconscio, attraverso cui innestare idee, desideri, paure. Nel caso della mamma sul treno, il telegiornale, ovvero il sistema di comunicazione ufficiale, ha lavorato sulla paura, creando un problema (mi contagerò, chiusa nel vagone ferroviario?) e fornendo una soluzione, la mascherina che agirà forse sulle vie aeree, ma certamente sulla percezione della signora, generando sicurezza o almeno speranza.

Per funzionare, il meccanismo ha bisogno della nostra ignoranza e della nostra mediocrità. Non dobbiamo comprendere – e neppure sospettare – che qualcuno stia agendo su di noi a fini manipolativi. Dunque, la qualità della nostra istruzione deve essere bassa e non deve stimolare le aree del cervello deputate al giudizio, ossia al pensiero consapevole. Tale minorità intellettuale – celata dietro i diritti, le opportunità e l’apparenza della libertà – rende dipendenti dal potere e dagli esperti, di cui non si ipotizza mai la cattiva fede o il ruolo di strumenti di chi comanda.

Un’altra efficace coperta di Linus è il conformismo di gregge, l’adesione supina alle mode. Così fan tutti. La disidentificazione fa sì che accettiamo di essere definiti dai prodotti, anzi dai marchi, oggetti che sostituiscono l’essere e producono un paradossale individualismo massificato. La mediocrità, la volgarità e l’ignoranza diventano normali modalità esistenziali. Se poi la nostra vita non funziona, se diventiamo dei “perdenti” – l’orrore massimo – dobbiamo credere di essere colpevoli. È la verità, ma per il fatto che abbiamo accettato tutte le manipolazioni e le falsità diffuse dal sistema. L’esito è devastante: milioni di persone si incolpano della propria inadeguatezza e finiscono nella rassegnazione che inibisce la reazione, la rivolta, la presa di coscienza.

Chi ci domina, infatti, ci conosce assai meglio di quanto noi stessi ci conosciamo. La distanza tra noi e “loro” è diventata gigantesca e le coperte di Linus non fanno altro che aumentarla. Hanno approfondito la biologia, la neurologia e la psicologia, hanno costruito conoscenze e messo in campo mezzi grazie ai quali ci sorvegliano e ci orientano. Noi crediamo a tutto ciò che ci viene propinato, odiando chi resiste, i fastidiosi dissidenti la cui presenza disperde il calore rassicurante della coperta.

Disfarsi delle coperte di Linus predisposte per non farci esseri liberi è l’atto preliminare per ritornare consapevoli, per non credere a comando che “andrà tutto bene”. Sepolta l’idea di Dio, l’essere umano è disposto a prestar fede a qualunque panzana. Dobbiamo tornare scettici, coltivare la diffidenza, diventare “àpoti” – quelli che non se la bevono – come suggeriva Giuseppe Prezzolini. Senza coperta, all’inizio fa freddo, ma è la condizione della libertà. L’omuncolo postmoderno si è abituato al calore della stalla, confortevole, viziato. Comfort animale, verità confezionata in scatola e venduta all’ingrosso. Abuso della credulità popolare.

Fonte: EreticaMente

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